Enucleazione

L’intervento di enucleazione del bulbo oculare consiste nell’asportazione totale del bulbo oculare, la resezione del nervo ottico e la resezione dei muscoli oculomotori che in alcuni casi possono essere collegati chirurgicamente ad un impianto (o endoprotesi) per ripristinare parte della mobilità oculare. L’enucleazione dell’occhio differisce dall’eviscerazione, un intervento meno demolitivo che consiste nello svuotamento del contenuto oculare con la conservazione della sclera esterna e dei muscoli ad essa collegati.

I motivi che portano all’enucleazione del bulbo oculare sono di motivo patologico o accidentale. Nel primo caso possiamo essere in presenza un occhio cieco e dolente a causa di un glaucoma refrattario, oppure a neoplasie maligne non più trattabili o che minacciano di infiltrare i tessuti orbitali circostanti. Altre gravi patologie infettive come l’endoftalmite provocata da ascessi perforanti o quelle infiammatorie come le uveiti o le patologie erpetiche, se diagnosticate in ritardo possono far propendere per l’enucleazione del bulbo. L’indicazione chirurgica per l’enucleazione del globo oculare è raccomandata anche quando l’occhio patologico mette in pericolo l’occhio sano a causa di una cosiddetta oftalmia simpatica.

Esiste poi tutta la casistica dei traumi orbitali e delle ferite perforanti con nessuna possibilità di recupero visivo, né di mantenere il bulbo in situ senza controindicazioni, che spesso dà come intervento di elezione l’enucleazione.

Per favorire il movimento della protesi estetica che deve essere applicata dopo l’intervento di enucleazione, durante l’intervento stesso può essere inserito nella cavità anoftalmica un impianto per la mobilità che in taluni casi viene collegato ai muscoli oculomotori. L’impianto può essere un innesto autologo dermo-adiposo prelevato dal paziente stesso oppure un apposito congegno costituito da un biomateriale inerte, di norma silicone medicale o idrossiapatite. Per assicurare che i muscoli fissati all’impianto rimangano stabili può essere necessario prelevare un innesto di tessuto dal paziente e con esso ricoprire l’impianto stesso.

Al termine dell’intervento spesso è opportuno inserire nella cavità anoftalmica un conformatore in resina o in PMMA che non deve essere rimosso per tutta la durata della cicatrizzazione e che consente di mantenere il volume del sacco congiuntivale, la corretta funzionalità delle palpebre, evitare aderenze dei fornici e contrastare la sindrome della cavità anoftalmica.

Il protesista può applicare la prima protesi oculare provvisoria già dopo due settimane dall’intervento, sempre salvo diverse indicazioni del chirurgo che ha eseguito l’intervento. Un’attesa più lunga non crea alcun problema a condizione che il conformatore venga mantenuto all’interno della cavità anoftalmica, diversamente già dopo pochi giorni i tessuti del sacco congiuntivale e dei fornici possono retrarsi compromettendo seriamente la successiva applicazione della protesi estetica.